Bambini in musica
a misura di bambino
L’energia “sonora” che animava la nascita e la costituzione della Scuola Popolare di Musica di Testaccio fin dal ’75, non si limitò alle fasce d’età generalmente proposte delle scuole istituzionali ma, una volta consolidate forme e propositi si rivolse al settore bambini e ragazzi (’84), creando un accesso alla formazione musicale che privilegiasse la partecipazione collettiva e la musica d’insieme, dalla scuola dell’infanzia a tutta la scuola primaria.
L’originalità della proposta si manifestò in un’epoca ancora permeata da una visione individualistica del fare musica, scandita dal binomio solfeggio/strumento (soprattutto pianoforte), dove la scelta di diventare insegnante di musica era avvertita come un ripiego e spazi d’azione musicale come laboratorio, propedeutica, ritmica, interclasse di…, orchestra, erano sfide affascinanti e contenuti da comunicare a genitori che, avvezzi ai vecchi protocolli, domandavano insistentemente:
“Ma quando iniziate a leggere la musica?”
“Quand’è che mio figlio potrà iniziare lo strumento?”
“Ma che… gli insegnate a orecchio?”
Forti delle acquisizioni e delle suggestioni che provenivano dalle innovazioni dei grandi musicisti, didatti e pedagogisti del ‘900 e dal confronto diretto con quanti si erano avventurati in progetti innovativi in Italia e ben oltre, l’entusiasmo di coloro che diedero vita a questo settore (Vincenzo Russo, Manuela Garroni, Teresa Spagnuolo, Silverio Cortesi, Sista Carandini…) si trasmise quasi per contagio ai bambini e di riflesso alle famiglie che, ben presto, abbandonati i vecchi schemi, cominciano a comprendere la portata di una sperimentazione volta a restituire alla musica le sue connotazioni più vive e appassionanti.
Non si tratta più (semplicemente) di leggere la musica, ma di usare e affinare l’orecchio come l’occhio di un pittore, di scarabocchiare e sperimentare allegramente con i suoni, di imparare dall’ascolto di sé e degli altri, dall’ascolto di tutto e “del tutto”, di comprendere che il suono è movimento e che questo “benedetto” corpo deve muoversi e danzare con la musica, se ne vogliamo comprendere davvero l’effetto e il senso.
Poi, poco più tardi, arriveranno dal mondo anglosassone gli studi sulle molteplici intelligenze, le riflessioni sulla centralità dell’intelligere musicale come programma di fondo per orientarsi nel molteplice delle esperienze. Inoltre, si dibatte sulla rivalutazione dell’emozione che, da dimensione accessoria, diventa tema conduttore e centro di propulsione del percorso educativo. E cosa emoziona bambini e ragazzi più della musica?
Anche la musica contemporanea si svincola da una necessità delirante di scrittura, e ritorna a giocare, si fa piccina per imparare ad ascoltare il mondo e comprendere di essere voce tra le voci, cultura tra un panorama immenso di suoni, linguaggi e poetiche, quasi sempre “non scritti” e sempre (e soprattutto) “in ascolto”.
Gradualmente, il settore bambini e ragazzi si apre anche alla naturale bellezza del cantare insieme con la costituzione di un Coro di voci bianche diretto da Amedeo Scutiero. Questa formazione, specializzando obiettivi e contenuti, darà vita al Coro dei bambini (che la precede) e al Coro giovanile, proseguimento necessario dei due livelli in successione.
La voce, il corpo, l’ascolto, lo strumentario, il movimento, la ritmica, il rapporto con lo spazio diventano così le prerogative necessarie allo sviluppo della cultura musicale dei bambini, permettendo l’ingresso alle attività d’insieme: cori, orchestre, piccoli gruppi jazz, ensemble di percussioni, bande “organizzate” e operosi gruppi di costruzioni musicali, all’interno di un paesaggio educativo dove il rapporto con gli adulti che studiano musica è pacifica e accettata convivenza e occasione di dialogo silenzioso o, talvolta, di piacevolmente simposi musicali.
L’incontro di ogni bambino con lo strumento tende così a diventare scelta ispirata e consapevole del grande parco strumenti a disposizione dell’uomo che canta, percuote, strofina, soffia, accarezza e maltratta o… programma virtualmente.
Tutta questa esperienza è diventata nel tempo materia di riflessione e competenza per organizzare corsi di formazione aperti al mondo della scuola, della coralità e della musica, al punto di poter condividere e diffondere uno “stile” SPMT che si definisce per l’apertura costante alla ricerca, al dialogo e alla sperimentazione e, mantenendo una necessaria vivacità nel dibattito metodologico, nell’affermare l’educazione alla musica come diritto e come nutrimento indispensabile, non surrogabile, nella sua peculiarità, da altre possibili esperienze.
L’ultima sfida di questo settore è la costituzione di Mani Bianche, un coro integrato per bambini e ragazzi disabili (in particolare sordi) che, ispirandosi alle esperienze venezuelane del sistema Abreu e utilizzando ideogrammi e ritmi della lingua dei segni, apre il diritto all’espressione musicale anche a ciò che il passato ci indicava come proverbialmente impossibile.
Ormai la valorizzazione della musica passa anche attraverso le acquisizioni e le ricerche del metodo scientifico e una visione del fenomeno sonoro pronta a far rotta verso nuove e sorprendenti galassie. Ne siamo tutti sempre più consapevoli e i bambini molto più di noi.
Allora detto ciò, come si potrà, di fronte all’entusiasmo, alla passione e (perché no) ai risultati di bambini e ragazzi che frequentano da anni la SPMT (tanto da esserci letteralmente “cresciuti”), continuare a fare “orecchie da mercante”?
Tullio Visioli